1. Primo incontro con Bergamo: una tranquilla sorpresa al calar della sera
Sono arrivato a Bergamo nel tardo pomeriggio, quando il cielo cominciava appena a scurirsi. Appena sceso dal treno, ho percepito un’atmosfera sorprendentemente silenziosa, molto diversa dal ritmo frenetico di Milano, da dove ero partito poche ore prima. Uscendo dalla stazione, mi sono ritrovato nel cuore della Città Bassa, la parte moderna della città. Davanti a me, in lontananza, sulla collina, si stagliava la silhouette della Città Alta, illuminata da luci sparse che sembravano brillare come stelle. In quell’istante ho avuto la strana sensazione di trovarmi davanti a due epoche diverse, perfettamente sovrapposte.
Trascinando la mia valigia lungo il marciapiede, mi sono fermato quasi d’istinto davanti a una gelateria. Senza pensarci troppo, ho preso un gelato al limone. Il gusto leggermente aspro e la freschezza del freddo sulla lingua mi hanno svegliato dopo il viaggio e mi hanno fatto entrare, lentamente, nell’atmosfera della città.
La pensione che avevo prenotato era gestita da una signora anziana, con pochi vocaboli d’inglese, ma un sorriso caldo e accogliente. Mentre mi mostrava la stanza, borbottava in italiano, parole che non comprendevo ma che, paradossalmente, riuscivano a mettermi a mio agio. C’era qualcosa in quella sua gentilezza non detta, qualcosa che ti fa sentire subito il benvenuto.
2. Il mattino nella Città Bassa: il ritmo della quotidianità
Il mattino seguente mi sono alzato presto, svegliato dalla luce che filtrava attraverso le tende leggere. La Città Bassa, ovvero la parte moderna di Bergamo, ha un’aria ordinata, elegante e al tempo stesso rilassata. Le strade ampie e pulite, punteggiate da alberi e aiuole ben curate, sembrano fatte apposta per passeggiare senza fretta.
Camminando lungo Via Papa Giovanni XXIII, ho osservato la vita che cominciava lentamente. I bergamaschi facevano colazione nei bar d’angolo, alcuni in piedi al banco con un espresso in mano, altri seduti con calma davanti a una brioche. Ho scelto una caffetteria storica, il Balzer, vicino a Piazza Matteotti. Il locale aveva un’eleganza d’altri tempi. Ho ordinato un cappuccino e un brioche con crema: il profumo del caffè si mescolava a quello del burro e della vaniglia, mentre fuori la città cominciava a muoversi al ritmo della vita quotidiana.
Mi sono spinto poi fino ai Giardini di Donizetti, un piccolo parco curato che porta il nome del celebre compositore originario di Bergamo. Sotto gli alberi, alcuni anziani leggevano il giornale, altri chiacchieravano tra loro come in un rituale quotidiano. Mi sono seduto su una panchina e ho lasciato che la città mi parlasse senza parole, attraverso gesti, suoni e profumi.

3. La funicolare: il passaggio da un mondo all’altro
Il modo più suggestivo per raggiungere la Città Alta è senza dubbio la funicolare storica. Salendo a bordo, ho avuto la sensazione di intraprendere un viaggio simbolico: dalla modernità verso la storia, dal presente verso il passato. Il vagone inizia lentamente la sua salita, lasciando alle spalle i tetti moderni della città bassa e rivelando poco a poco la pietra, le torri, i tetti antichi della città alta.
Guardando attraverso i vetri, vedevo l’orizzonte aprirsi, la città stendersi ai miei piedi, mentre la luce del mattino accarezzava le mura veneziane. In pochi minuti la funicolare ha completato il suo tragitto, ma l’impressione era quella di aver attraversato secoli. Appena messo piede fuori dalla stazione superiore, ho udito il rumore dei miei passi sul selciato antico, un suono secco e profondo, come se le pietre stesse volessero raccontarmi le storie di chi era passato di lì prima di me.
4. Le prime impressioni della Città Alta: un tempo sospeso
La Città Alta mi ha colpito subito per la sua atmosfera sospesa. Qui, ogni angolo sembra aver assorbito il tempo, ogni pietra racconta silenziosamente qualcosa. Passeggiando lungo Via Gombito, mi sono ritrovato circondato da negozietti artigianali: ceramiche dipinte a mano, saponette profumate, carta fatta a mano con fiori secchi incastonati tra le fibre.
Tra le case antiche, alcuni balconi erano decorati con fiori, altri con panni stesi ad asciugare, quasi a ricordarmi che quella città non era solo un museo all’aperto, ma un luogo ancora vivo, vissuto, amato.
A mezzogiorno, sono arrivato in Piazza Vecchia. Era piena di gente ma tranquilla, armoniosa. Una fontana centrale, i palazzi storici tutt’intorno, il cielo limpido sopra. Mi sono seduto in una trattoria con tavoli all’aperto e ho ordinato un piatto di Casoncelli alla Bergamasca, ravioli ripieni con carne, amaretti e spezie, conditi con burro fuso e salvia. Un sapore ricco, unico, che mi ha fatto capire quanto il gusto possa essere un mezzo per avvicinarsi alla cultura di un luogo.
5. Viale delle Mura: camminare sulle tracce della storia
Dopo pranzo ho deciso di seguire Viale delle Mura, la passeggiata che costeggia le antiche mura veneziane. Da qui si gode una vista straordinaria sulla città bassa e sulla pianura lombarda che si estende a perdita d’occhio. La luce del sole giocava con le pietre antiche, creando contrasti tra luce e ombra, mentre la brezza fresca rendeva tutto più leggero.
Ogni tanto incontravo coppie che passeggiavano mano nella mano, turisti che scattavano foto o artisti che dipingevano. Mi sono seduto su una panchina, ho chiuso gli occhi per qualche secondo, lasciandomi cullare dal rumore dei passi, dai richiami lontani degli uccelli e dalle campane che suonavano da qualche torre. Era come se il tempo, qui, avesse deciso di rallentare per concedermi una pausa.
6. La Basilica di Santa Maria Maggiore e la Cappella Colleoni: bellezza senza tempo
Nel cuore della Città Alta si trovano due gioielli architettonici: la Basilica di Santa Maria Maggiore e la Cappella Colleoni. Dall’esterno, la basilica si presenta austera, quasi severa, ma una volta entrato sono rimasto senza parole. Le pareti e i soffitti sono decorati con stucchi dorati, affreschi, e intagli lignei che raccontano secoli di arte e fede.
Mi sono soffermato a lungo davanti al coro ligneo intagliato, un capolavoro del Rinascimento, ogni scena scolpita con cura maniacale, ogni dettaglio scolpito come se dovesse resistere all’eternità.
La Cappella Colleoni, invece, colpisce già all’esterno: un trionfo di marmi rosa e bianchi, colonne, medaglioni, bassorilievi. All’interno, la tomba del condottiero Bartolomeo Colleoni si erge maestosa, circondata da opere d’arte che esaltano la gloria terrena e spirituale. Entrare in questo luogo è come varcare la soglia tra l’umano e il divino.
7. La sera scende su Bergamo: oro e silenzio

La Città Alta al tramonto diventa magica. I raggi dorati del sole cadono sulle torri, sui tetti, sulle stradine acciottolate. Le ombre si allungano, i colori si fanno più caldi, l’aria profuma di pietra calda e fumo di camino. Ho cenato da La Marianna, un ristorante storico ai piedi della funicolare. Qui, si dice, è nato il tiramisù. Non ho potuto resistere alla tentazione: il dolce, servito in una coppa di vetro, aveva strati netti, perfetti, e il profumo del caffè mescolato al mascarpone mi ha fatto sorridere senza volerlo.
Dopo cena, ho camminato fino al belvedere vicino alle mura. La Città Bassa era tutta un luccichio, le luci disegnavano strade e piazze come una mappa segreta. Da lì, ho sentito il confine tra ieri e oggi dissolversi, e ho capito che questa città non ha bisogno di scegliere tra antico e moderno: li tiene insieme, in perfetto equilibrio.
8. Risvegliarsi nella Città Alta
Il giorno successivo ho dormito in un B&B ricavato da una casa del ‘700. Al risveglio, la luce filtrava attraverso le imposte di legno, e fuori vedevo solo tetti di tegole rosse, il profilo delle montagne, e qualche uccello che volava basso. L’aria era fresca ma dolce. Ho camminato di nuovo per le viuzze della Città Alta, stavolta senza meta. Ogni angolo nascondeva una scoperta: un cortile interno, una bottega di dolci, un chiostro silenzioso.
Non era importante dove stessi andando, l’importante era camminare, lasciarmi sorprendere. A ogni svolta sembrava di scoprire un’altra sfumatura della città, un altro volto.
9. Ultima tappa: il monastero e le vigne di Astino
Prima di lasciare Bergamo, ho voluto visitare il Monastero di Astino, immerso nel verde appena fuori dalle mura cittadine. Per arrivarci ho camminato per mezz’ora, attraversando prati e filari di viti. Era come entrare in un’altra dimensione: silenziosa, lenta, completamente immersa nella natura.
Il monastero si erge in mezzo ai vigneti come un guardiano silenzioso. Alcuni monaci lavoravano nel giardino, e nell’aria si sentiva solo il fruscio delle foglie e il ronzare delle api. Ho ordinato un bicchiere di vino bianco locale al piccolo bar accanto e mi sono seduto in terrazza. Il vino era fresco, leggermente acidulo, perfetto per quel momento. Il paesaggio davanti a me sembrava un quadro impressionista.